Gentili lettori ,
nell’esame dei dati macroeconomici attuali ha sempre più spazio l’analisi dei mercati del lavoro , per prevedere lo sviluppo dei prezzi e , attraverso le proiezioni sull’inflazione , cercare di intuire le prossime mosse delle Banche Centrali e i loro effetti sui mercati .
Il costo del lavoro!
Il costo del lavoro è una voce preminente nel settore dei servizi , caratterizzato per sua natura dall’utilizzo di “capitale umano” , remunerato in base ad accordi di categoria e/o fattori legati alla domanda ed offerta , che determinano il livello dei salari .
Ma da dove deriva la parola “salario” ?
La sua origine è antichissima , e risale a quando i soldati (e alcuni impiegati pubblici) dell’antica Roma venivano remunerati in parte con denaro e in parte con sale , fondamentale fin dal Neolitico per la conservazione del cibo , e la sua produzione ed utilizzo , come scriveva Plinio il Vecchio, erano il fondamento di ogni vita “civilizzata” .
Come spesso accade , la sua disponibilità fu oggetto di vere e proprie guerre , come nel VII secolo a.C. tra Romani e Veienti , per il controllo del Campus Salinarum alla destra della foce del Tevere .
Da questa zona il sale veniva trasportato verso l’interno attraverso la Strada Campana che poi proseguiva oltre Roma verso est fino a raggiungere il Mar Adriatico : era la via Salaria , unica strada pubblica dell’epoca a trarre il suo nome dal trasporto del prezioso materiale invece che dai luoghi raggiunti (es.Tiburtina da Tibur ,Tivoli) o dal nome di chi l’aveva fatta costruire (es.Appia, Flaminia etc.) .
Fu tracciata dal popolo dei Sabini prima ancora della fondazione dell’Urbe , e lastricata nel 290 a.C. nelle sue 138 miglia di percorso , dal Piceno verso ovest fino alla capitale dell’Impero , scavando nella viva roccia per allargare il passo nelle gole del Velino e del Tronto .
Rapporto tra paghe e inflazione
Venendo al tema , il rapporto tra paghe ed inflazione non è così intuitivo come può sembrare , per le diverse normative esistenti nei Paesi , e soprattutto perché esiste uno scarto temporale tra gli effetti reciproci delle due grandezze macroeconomiche : diciamo reciproci perché , se da un lato l’aumento dei salari può causare inflazione in presenza di una offerta di beni e servizi limitata da fattori spesso esogeni (per esempio la difficoltà di reperimento di materie prime e semilavorati) , così l’aumento dei prezzi porta a rivendicazioni mirate ad adeguare le retribuzioni , per attenuare la perdita di potere d’acquisto .
Entrando più nel dettaglio , vediamo innanzitutto l’attuale panorama delle retribuzioni medie annue lorde di operai ed impiegati in alcuni Paesi:
Confrontando la crescita annua delle paghe con i dati sempre annui dell’inflazione ,ne risulta il grafico seguente :
Riflessioni
Sulla fotografia dei dati attuali proposta sopra , si evince che l’inflazione è superiore alla crescita dei wages (stipendi), ma considerando che l’evoluzione del dato è diversa nel tempo e che, in linea di massima, i Paesi con più alta crescita salariale si trovino una inflazione più alta , si conferma il legame tra le due grandezze .
Se poi consideriamo che tra i settori economici quello dei servizi è a maggiore intensità di “capitale umano” e quindi la sua crescita presenta maggiori rischi dal punto di vista inflazionistico , il fatto che il trend sia diverso tra secondario(meno ottimistico) e terziario (più positivo) , come dimostrato dall’andamento dei principali indici PMI :
ci dice qualcosa in più sulla difficoltà di contrastare il fenomeno inflattivo con gli strumenti della sola politica monetaria o fiscale.
Le poste in gioco richiedono anche una politica dei redditi , intesa in senso keynesiano , volta a conciliare le diverse esigenze e regolarne così gli sviluppi nella direzione desiderata , nel tentativo di conciliare il potere d’acquisto con lo sviluppo economico .
Ma a ben vedere , è proprio questo equilibrio che l’inflazione viene a turbare , da qui l’importanza del contrasto al fenomeno con gli strumenti più adatti .
Andamento dei principali indici e mercati e commento
Andamento della settimana
Archiviamo una settimana dominata dai timori di nuovi inasprimenti delle politiche monetarie che hanno spinto il rendimento dei Treasury a 10 anni oltre il 4% , doppiando i massimi dello scorso ottobre intorno al 4,05% , ma i dati sul mercato del lavoro Usa usciti venerdì hanno stemperato un po’ la tensione , riflettendosi soprattutto sul cambio del Dollaro , che ha chiuso intorno a 1,097 riavvicinandosi alla quota rotonda di 1,10 .
La prossima settimana i dati sull’inflazione oltreoceano sono previsti in calo , con il dato annuo atteso poco sopra il 3% , ma sarà più basso del precedente anche per via del c.d. “base effect” perché andrà a confrontarsi su base annua con il mese di giugno 2022 che era cresciuto di oltre l’1% rispetto a maggio .
C’è attesa anche per i primi utili trimestrali delle Corporate statunitensi , come solito il settore bancario aprirà le danze per farci conoscere l’andamento dell’offerta di servizi e la sua influenza sui bilanci : essendo un settore rate-sensitive , i dati potrebbero essere soddisfacenti , dopo il primo difficoltoso trimestre .
Per le materie prime , il Petrolio recupera stabilità oltre i 70 $/barile , Oro e Argento tra stabili o con piccoli rialzi , mentre si assestano i prezzi delle commodities agricole dopo la correzione seguita al forte slancio della seconda metà di giugno.
Infine , martedì e mercoledì , le banche centrali rispettivamente in Nuova Zelanda e Canada decideranno se proseguire con i rialzi o prendersi una pausa di riflessione , come già accaduto in Usa ed Australia .
La sintesi della situazione , come solito , è riassunta dal nostro indicatore a quota 55 , segno di indecisione e minore propensione al rischio rispetto al venerdì precedente quando era a 70 , e visualizzato di seguito :
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