Dopo un anno record nel 2021 le operazioni straordinarie di fusione ed acquisizione tra aziende (M&A) stanno fortemente rallentando nel corso del 2022.
Tale tendenza è globale, seppur più accentuata nel mercato americano.
Volumi di operazioni M&A – fonte PWC M&A trends 9M22 Italia & Mondo
Le cause sono molteplici, ma tutte tra loro collegate.
Rialzo dei tassi di interesse
Per prima cosa vi è un rialzo diffuso dei tassi d’interesse, che rendono più costoso reperire il capitale necessario per acquistare aziende. I tassi d’interesse sia a breve che a lungo termine sono oggi a ridosso del 4% in USA e stanno flirtando con il 3% in Europa, rispetto a tassi 2021 vicini all’1,5% in USA ed a ridosso dello zero in Europa.
Un’operazione di acquisizione finanziata con leva, costa oggi più del doppio in termini di interessi e ciò può determinare la sua convenienza.
Diminuzioni delle borse mondiali
La seconda dinamica negativa del 2022 è stata la diminuzione delle borse mondiali che ha causato una diminuzione dei multipli di mercato. Le operazioni di acquisizione basano spesso il loro prezzo utilizzando i multipli di mercato presenti in borsa (es capitalizzazione di mercato diviso vendite o diviso EBITDA), se i multipli calano, i prezzi offerti dagli acquirenti calano di conseguenza, rendendo l’operazione meno attrattiva per i venditori.
Incertezze economiche e geopolitiche
Infine, le incertezze economiche e geopolitiche stanno spingendo gli acquirenti alla cautela. La crisi energetica pone delle criticità esistenziali per interi settori, mentre non è ancora ben chiaro quanto sarà acuta l’imminente recessione tecnica in America ed in Europa. L’acquirente oggi può comprare a multipli più bassi, ma ancora lontanamente vicini ai multipli del 2008 in America o del 2011 in Europa.
La recessione è prezzata solo in parte nei mercati azionari ed i prezzi degli asset sono saliti molto post Covid rispetto alle medie storiche.
Raffreddamento del debito bancario
L’incertezza nel mercato delle fusioni e delle acquisizioni è accompagnata anche da un sostanziale raffreddamento nel mercato del debito bancario. Soprattutto in Italia, il rialzo dei tassi sta causando un mini credit crunch, ovvero una riduzione della disponibilità degli operatori finanziari nel concedere denaro ad imprese e famiglie.
In settembre 2022 (ultimo dato disponibile) i prestiti al settore privato in Italia sono scesi per la prima volta da diversi mesi, ed il trend potrebbe accelerare nel corso dell’inverno.
Le misure di garanzia inserite nel periodo del COVID stanno pian piano finendo e le banche hanno numerosi impieghi che dovranno essere sostenuti con capitale proprio, questo in un periodo dove comunque i tassi stanno salendo e la sostenibilità degli interessi passivi diventa sempre più critica.
Aspettative a breve termine
Nel complesso, sia a livello di grandi aziende quotate, sia a livello di PMI reperire finanza sta diventando sempre più complesso e tale tendenza potrebbe peggiorare nel 2023 in caso di recessione. In questo scenario, per le grandi aziende strutturate, diventa fondamentale mantenere un ampio margine di contribuzione e flussi di cassa operativi positivi.
Le aziende che più soffriranno “l’inverno del debito”, saranno di conseguenza le aziende “growth” che fino ad oggi sacrificavano utili e cassa per acquisire quote di mercato o per attirare acquirenti in operazioni di M&A.
Tali aziende avranno sempre più difficoltà nel reperire capitale. Non a caso gli indici (spesso tecnologici) che hanno un peso maggiore sul segmento growth, stanno soffrendo rispetto agli indici delle “blue chip” tradizionali.
Per quanto riguarda le PMI italiane invece è indispensabile la pianificazione e lo sviluppo di piani d’investimento che abbiano pieno ed incondizionato sostegno dei partner bancari.
È altamente sconsigliato investire senza visibilità, sperando di trovare la finanza in corsa. Il piano industriale ha oggi un’importanza strategica enorme e l’imprenditore non può più farne a meno.
Il trend del passato
Nel corso dell’ultimo decennio ci eravamo abituati a vedere periodi di contrazione del credito temporanei e veloci spesso seguiti da nuove politiche espansive delle banche centrali.
I tassi d’interesse erano in un ciclo secolare discendente, così come l’inflazione. I continui stimoli sostenevano le borse, i titoli growth, le operazioni di M&A, la speculazione e garantivano flussi di denaro per le PMI.
Da fine 2021 il trend è cambiato e sembra sempre più probabile che il ciclo secolare di tassi d’interesse in costante ribasso sia giunto alla fine. In questo contesto i periodi di contrazione del credito e le discese di mercato potrebbero diventare più lunghi, zavorrando borse, titoli growth, operazioni di M&A, speculazione e causando interruzioni intermittenti dei flussi di denaro alle PMI.
Detto questo, un periodo di contrazione più lungo non vuol dire per forza un crollo o una crisi finanziaria, ma potrebbe voler dire solamente una più duratura fase di stagnazione. Molto spesso si ragiona o in bianco o in nero, pensando o ai crolli o ai rialzi, ma anche il “galleggiare” in range è una possibilità da non escludere.
ETF del mercato azionario globale – borsa di Milano
Galleggiare in un periodo di stretta creditizia
Guardando l’andamento dell’indice azionario mondiale quotato a Milano, l’impressione che abbiamo per il momento è quella non di un crollo, non di un rialzo, ma di un galleggiamento.
Certo alcuni mercati stanno soffrendo di più, ma come abbiamo detto prima durante periodi di scarsità di credito le aziende che non hanno flussi di cassa vengono penalizzate, mentre altre con elevati margini e buon rating creditizio possono continuare a investire e crescere.
Nel complesso come spesso succede gli indici di mercato “core” equilibrano tali forze, mediando i rischi e gli eccessi.
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