Gli Sherpa…«Se li guardi camminare sui loro sentieri vedi l’armonia del loro movimento che segue il terreno senza sprecare una stilla di energia. Sassi, legni, radici, ciò che per noi è un ostacolo, per loro diventa un appoggio». Passi corti, cadenzati, con una respirazione perfetta che non va mai in ipossia. Il professor Paolo Cerretelli, che è stato docente di fisiologia alle università di Milano e Ginevra, ha effettuato un po’ di anni fa il test alla Piramide che ha mostrato come uno sherpa, a 5 mila metri, perde il 17% della sua massima potenza aerobica (in termini automobilistici, i cavalli del motore), un maratoneta professionista il 26% e un umano di sana e robusta costituzione, che pratica attività sportiva regolare, il 40%. Gli altri a 5 mila metri. non ci arrivano neanche!
Considerando che di maratoneti ce ne sono davvero pochi e che gli atleti tesserati (e pertanto certificati di una sana e robusta costituzione) sono circa l’8% della popolazione italiana, capite bene che le ambite vette sono solo per pochi così come sono ancora pochi gli investitori che hanno la capacità di comprendere le modalità, le tecniche e i comportamenti corretti per raggiugere gli obiettivi finanziari in sicurezza.
Fare lo scalatore di una montagna presenta tuttavia, per i più, un limite oggettivo derivante principalmente dal proprio stato di salute e dalla propria attitudine a prendersi dei rischi. Sappiamo infatti correttamente valutare il rischio che si corre tra fare una passeggiata tra le malghe d’alpeggio rispetto ad affrontare una salita ferrata o meglio ancora scalare gli 8.000. Nessuno mai si improvvisa e tutti sappiamo esattamente quali sono i nostri limiti.
Nel mondo degli investimenti succede invece un po’ di confusione. Capita troppo spesso di rilevare che lo scalatore (investitore), imbonito e sollecitato da uno “sherpa griffato” (colui che lavora con mandato per una banca), sia condotto e convinto che molte vette (obiettivo) possano essere alla sua portata. La cosa importante è che dovrà fidarsi della guida dello “sherpa griffato”, soprattutto nei consigli che riceverà riguardo a cosa dovrà indossare per affrontare il percorso (prodotti finanziari). Capita poi che il fiducioso scalatore (investitore) a metà della salita si accorga che gli sale la paura, trovandosi impreparato, inadeguato e con gambe e ai pensieri paralizzati.
Quella salita non era per lui se lo avesse saputo prima!!!
Il comportamento degli investitori nella ultima crisi dei mercati, apertasi in concomitanza del Covid19, come purtroppo sistematicamente accade nelle fasi di forte correzione, ha alimentato tra gli investitori preoccupazioni e apprensioni. In sostanza un po’ come constatare che a metà della salita ci si accorga che il rischio preso, avendolo saputo correttamente stimare, non sarebbe mai stato preso.
Riguardo al nostro paese, l’ultima rilevazione condotta a metà del mese di marzo da Wealth Insight, a cura di Ipsos e Prometeia, evidenziava un netto aumento dell’avversione al rischio degli investitori.
Il 50% delle famiglie con un patrimonio superiore a 100 mila euro dichiaravano di non voler assumere alcun rischio finanziario, in forte crescita rispetto al dato di un anno fa (29%). La propensione ad assumere rischi al fine di ottenere rendimenti superiori passa dal 30% all’8% del campione considerato nell’ultimo anno. Questo dopo aver osservato e vissuto la violenza della volatilità del mercato.
Inoltre, I dati relativi all’industria europea dei fondi di investimento (Morningstar) evidenziano per il mese di marzo riscatti netti di entità significativa (287 mld), il 2,6% delle masse in gestione.
Sebbene i dati in termini percentuali, rispetto ai riscatti del 2008, siano inferiori (perché è cresciuta l’industria del risparmio gestito in termini di masse) ed in parte anche grazie ad una accresciuta consapevolezza metodologica, siamo ancora molto distanti dal rilevare che i comportamenti degli investitori siano coerenti con quanto, in termini di propensione al rischio, essi vogliano stare nei mercati finanziari.
E ci si ritrova a dover constatare che l’interesse per i mercati cresce quando tutto va bene e si ritira quando l’aria si fa pesante. Esattamente il contrario del comportamento che bisognerebbe assumere per essere dei buoni investitori.
Leggiamo un interessantissimo articolo del Prof. Annunziata (link), docente di diritto dei mercati finanziari alla Bocconi di Milano, nel quale egli sostiene che le regole introdotte da Mifid2 sulla product governance, riguardano da un lato, la fase di immissione dei prodotti sul mercato (chi confeziona il prodotto deve indicare chiaramente a quale tipologia di investitore è destinato) mentre, dall’altro, la disciplina in materia di adeguatezza (la compilazione del profilo di rischio) che riguarda la fase per così dire “terminale” del processo di distribuzione, ed attiene al momento specifico della scelta del prodotto da parte del cliente. E’ questa la fase nella quale il supporto consulenziale fornito dal distributore al cliente assume particolare rilievo. Ed è proprio qui, in questa fase che, a nostro parere, si creano la maggior parte delle situazioni e dei corto circuiti che poi compromettono gli esiti degli investimenti e dei rapporti.
Vedete, il profilo di adeguatezza, la nostra carta di identità finanziaria, serve per far emergere i parametri soggettivi di ognuno di noi quali la conoscenza, l’esperienza, gli obiettivi di investimento, la capacità finanziaria e la tolleranza alle perdite. Se fatto bene e condotto con regole scrupolose, da questo dovrebbe emergere un chiaro identikit dell’investitore con una determinazione coerente del suo profilo di rischio che gli eviterebbe, a metà strada, di dover amaramente constare che quella non era la salita che avrebbe voluto intraprendere perché troppo rischiosa.
Non crediamo di dire una scemenza nel raccontarvi che una accurata compilazione del questionario richiede molto tempo (anche più di 1 ora) e che in tema di conoscenza degli strumenti finanziari i risultati raccolti sono davvero poco incoraggianti. Seppur abbastanza scolastiche, le nozioni riguardanti la conoscenza degli strumenti finanziari, sono sconosciute ai più.
Detto questo, la norma dice perentoriamente che se il questionario di adeguatezza rileva la non conoscenza del prodotto, questo non può essere sottoscritto.
E qui scatta l’invito dello “Sherpa griffato” che ti fa sognare il raggiungimento della vetta con lo strumento (finanziario) che di fatto sceglie lui ma che deve essere però segnalato come conosciuto dal cliente (che in realtà non conosce) nel questionario di adeguatezza. Lo “sherpa griffato” ha la necessità di consolidare il suo budget personale e della sua mandante, cercando di vendere le vette più alte (i prodotti più rischiosi e più costosi) perché sono quelle che fanno sognare (e maggiormente guadagnare allo “Sherpa griffato”) lo scalatore ma che poi, ahimè, sono gli stessi che lo fanno spaventare.
Sulle base delle considerazioni sopracitate e in un quadro economico e sociale che si andrà aggravando con il protrarsi di questa crisi, potrà cambiare sensibilmente lo scenario degli investitori persone fisiche. In molti casi, le prospettive reddituali, e di flussi di liquidità si sono già drasticamente modificate, con conseguenze agevolmente intuibili sul piano delle aspettative, della propensione al rischio, della capacità di sopportare le perdite, per qualsivoglia tipologia di operatore: privati, o imprese, di ogni dimensione. Lo scenario macro e microeconomico appare, oggi, ben diverso da quello che si presentava prima della crisi: in tutti i Paesi colpiti, l’impatto sul PIL è già stato, e continuerà ad essere considerevole, e tutt’altro che transeunte. Le conseguenze della crisi sulla capacità di produzione di reddito di famiglie e imprese sono già evidenti.
In questa situazione sarà pertanto ancor più evidente la necessità di adottare processi che possano attentamente rilevare e valutare i cambiamenti dei profili di adeguatezza degli investitori, i quali, a loro volta dovranno contribuire con la loro volontà e con estrema fermezza, ad arginare le iniziative degli “sherpa griffati” nella determinazione dei loro obiettivi.
…” Muoversi là sopra significa capire a fondo la natura, intuire in anticipo ciò che sta per accadere: nuvole, vento, neve, valanghe, più si sale di quota più non si può sbagliare passo. Gli sherpa di solito non sbagliano anche perché, a differenza di molti escursionisti occidentali, sanno quando è il momento di tornare indietro, di cedere il passo a montagne che possono scrollarsi di dosso chiunque nel giro di qualche secondo”
Lo Sherpa, quello vero, ma che appartiene al mondo finanziario, é colui che agisce senza alcun conflitto di interesse, colui che guida il cliente senza alcuna interferenza commerciale, senza alcun compromesso e senza alcun inganno.
Buona scalata