I certificati di investimento tra strategie e rischi

Nonostante lo shock sui mercati causato dalla pandemia da Covid19, l’industria dei certificati di investimento non ha registrato battute d’arresto, proseguendo a gambe levate la sua espansione.

Secondo i più recenti dati forniti da ACEPI (Associazione Italiana Certificati e Prodotti di Investimento), associazione che ne raccoglie gli emittenti, la raccolta sul mercato primario nel primo trimestre 2020 ammonta a circa 4 miliardi, in linea con il trimestre precedente.

Che cosa sono i certificati? Perché piacciono a molti?

I certificati sono “derivati cartolarizzati”, strumenti finanziari il cui prezzo dipende da un’attività sottostante e le cui caratteristiche sono incluse in un titolo negoziabile emesso da un’istituzione finanziaria.

La possibilità di personalizzare il “pacchetto” di derivati consente di proporre in collocamento di volta in volta prodotti in linea con il sentiment di mercato. Infatti, la maggiore avversione al rischio manifestata dagli investitori nel primo trimestre dell’anno in corso è stata soddisfatta dal collocamento di un più alto numero di certificati a capitale protetto rispetto ai dati 2019.

In questo senso, i certificati si configurano come una soluzione di investimento commercialmente appetibile. La facilità nel collocamento assicura la remunerazione degli emittenti. Infatti, il prezzo di emissione è comprensivo della commissione di collocamento.

Un simile approccio rischia di inquinare il processo di investimento non solo con l’emotività ma anche con la scarsa trasparenza. Non ci si deve scordare che i certificati sono prodotti complessi per le caratteristiche che li contraddistinguono e che ne determinano i rischi.

Quali sono i rischi?

  • Sottostante: il rischio che il sottostante segua una tendenza avversa.
  • Di cambio: qualora il sottostante sia denominato in valuta estera.
  • Struttura: i costi dei derivati sottostanti, nonché il costo opportunità quantificabile nella rinuncia dei dividendi e dell’eventuale rendimento eccedente il livello cap.
  • Emittente: in caso di fallimento dell’emittente del certificato, i detentori sono equiparati agli obbligazionisti senior non garantiti e non privilegiati.
  • Liquidità: difficoltà e costi di transazione dello strumento.

 

Le soluzioni più semplici e meno complesse consentono di mitigare qualcuno dei rischi sopra elencati. Ad esempio, i certificati a capitale protetto consentono di assumere esposizione al sottostante, proteggendo il capitale investito dagli eventuali ribassi. Adottando questa soluzione, viene eliminato totalmente o parzialmente (a seconda del livello di protezione previsto) il rischio di un andamento avverso del sottostante.

Tuttavia, anche qualora vi si ricorra per implementare strategie difensive, i certificati sono giudicati strumenti complessi ed il loro acquisto non può prescindere la loro comprensione.