Nella passata newsletter abbiamo spiegato come si può calcolare ed analizzare l’equazione di calcolo matematica del ritorno di un investimento in un indice azionario:
Senza troppe complicazioni
In sostanza, la formula dice che il ritorno medio annuo di periodo di un investimento azionario è dato:
- dalla crescita annua “g” dei fondamentali delle aziende (per esempio utili, fatturato o patrimonio netto contabile).
- dalla variazione dei multipli di mercato associata al fondamentale in questione (per esempio prezzo di mercato diviso utile, prezzo diviso fatturato e prezzo diviso patrimonio netto).
- dal dividendo annuo.
- dai costi di gestione annui del portafoglio
Chiaramente il tasso di crescita ed i multipli devono essere congruenti uno con l’altro, ovvero se si usa come multiplo il rapporto prezzo/utili, il tasso di crescita “g” deve essere quello riferito agli utili.
Il rendimento prospettico
Sempre nella scorsa Newsletter abbiamo mostrato come, prendendo come punto di riferimento della formula il fatturato cumulato delle aziende in un indice ed il multiplo ad esso associato, è possibile comprendere e costruire i possibili range di rendimento prospettico di un investimento variando le ipotesi di partenza.
Fissando ad un valore costante i dividendi ed i costi di gestione è stata fatta un’analisi di sensitività su tasso di crescita del fatturato e multipli sul fatturato aggregato dell’S&P500 arrivando ad una matrice di possibili ritorni come quella sotto evidenziata.
Ogni riga rappresenta un livello di variazione nel periodo di 10 anni (T=10) dei multipli sul fatturato, ogni colonna rappresenta un tasso di crescita del fatturato aggregato annuo delle aziende dell’indice.
Ogni coppia di valori fornisce un rendimento medio annuo dall’investimento nell’S&P500 nell’orizzonte di 10 anni.
È da segnalare che tale rendimento è annuo, quindi se si vuole calcolare il rendimento del periodo esso deve essere capitalizzato per 10 anni. Per ulteriori dettagli si faccia riferimento alla passata Newsletter.
Il concetto di ribilanciamento
Questa base numerica permette di sviluppare, sempre in modo quantitativo, nuovi importantissimi concetti legati al processo d’investimento.
In particolare il “ribilanciamento”, ovvero la pratica per cui, trovato un indice sufficientemente ampio ed avendo un orizzonte temporale sufficientemente lungo, è conveniente acquistare in caso di forti correzioni del mercato e non vendere.
Esempio
Partendo quindi dalla tabella di scenario stimiamo che l’indice su cui vogliamo investire abbia oggi 100 € ad azione di Fatturato cumulato (la somma pesata dei fatturati delle aziende in esso contenuti diviso per il numero di azioni dell’indice); supponiamo inoltre che i dividendi siano costanti all’1,56% all’anno e che i costi di gestione siano dello -0,5%; supponiamo infine che il rapporto tra prezzo e fatturato (ad azione) sia pari a 1,5 (multiplo P/sales uguale a 1,5).
Su questa base un investitore compra oggi l’indice a 150 Euro (100 Euro di Fatturato ad azione per il multiplo di mercato di 1,5) e si attende un ritorno nei prossimi 10 anni.
In particolare, l’investitore si attende che il fatturato cresca al 4% e i multipli rimangano invariati. Secondo la tabella sopra riportata il ritorno netto atteso dall’investitore sarà pari a +5,06% all’anno per i prossimi 10 anni.
In particolare, l’investitore sta stimando che il fatturato cumulato delle aziende componenti l’indice avrà tra 10 anni un valore di 148 Euro (ovvero 100 Euro cresciuti del 4% all’anno per 10 anni), che riceverà 1,06% di dividendo al netto dei costi ogni anno e che riuscirà a vendere l’indice ad un multiplo di 1,5 il fatturato tra 10 anni, portando quindi a casa 222 Euro.
In sostanza, quindi, ottiene 222 Euro sui 150 Euro investiti (4% di ritorno capitalizzato in 10 anni) e 1,06% ogni anno di dividendo, totale 5,06% di ritorno medio annuo su 10 anni.
Proseguendo…
Ora si ipotizzi che il giorno dopo che l’investitore ha comprato l’indice a 150 Euro, avvengano due eventi inattesi: l’economia entri in recessione (riduzione dei fatturati generati dalle aziende dell’indice) e la psicologia dei mercati finanziari diventi improvvisamente negativa (riduzione dei multipli).
Si ipotizzi che i due eventi siano particolarmente sfavorevoli e vi sia una recessione che porti gli utili aziendali a scendere del 10% e che i multipli (p/sales) scendano del 20%.
In questo caso quindi l’investitore si troverà in portafoglio un indice con un fatturato aggregato di 90 Euro ad azione e un multiplo di mercato di 1,2, ovvero avrà un indice con un prezzo di mercato di 108 Euro (90 Euro moltiplicato per 1,2) ed una minusvalenza latente di 42 Euro (-28%) rispetto al suo investimento iniziale di 150 Euro.
Spesso un investitore che si trova in questa situazione si chiede se deve uscire o meno dall’investimento, tuttavia il modello sopra riportato ci permette di comprendere come in queste fasi il focus dovrebbe essere sull’accumulo della posizione e sul ribilanciamento del portafoglio.
La matematica ci torna in aiuto.
Infatti, ora l’investitore si trova nella medesima situazione iniziale e deve sempre farsi le stesse due domande:
- quanto varieranno i multipli in futuro e
- quanto cresceranno i fatturati aggregati in futuro?
Partendo dai fatturati esso dovrà chiedersi quanto cresceranno in media nei 9 anni residui del suo processo d’investimento i fatturati delle aziende del paniere.
Se prima la crescita era del 4% all’anno e partiva da 100 Euro, oggi è possibile attendersi che sarà più alta del 5% pur partendo da 90 Euro?
La risposta è tendenzialmente si, ovvero la teoria ci suggerisce che quando un’economia subisce una recessione, essa tenderà nel medio termine al suo livello di crescita potenziale, ovvero recupererà il terreno perduto.
In sostanza a fronte di una recessione, i tassi di crescita degli anni successivi saranno maggiori del tasso di crescita potenziale fino all’avvicinarsi al vecchio livello di crescita.
Il grafico sotto riportato evidenzia questo fenomeno durante la crisi del 2020.
Da facili calcoli si può mostrare che il fatturato dovrebbe crescere del 5,68% in media per 9 anni al fine di raggiungere i 148 Euro di fatturato aggregato stimati pre crisi. Ipotizzando che l’investitore voglia restare conservativo, non è affatto folle ipotizzare una crescita del 5% per i successivi 9 anni d’investimento.
In termini di multipli…
la questione è più complicata, tuttavia quanto meno l’investitore può avere ancor più convinzione che i multipli non scenderanno ulteriormente nei prossimi 9 anni, se sono già scesi del 20% nel primo anno.
Su questa base, parametrizzando nuovamente la tabella sui 9 anni e sulle variabili analizzate, otteniamo quanto segue.
L’investitore, che attualmente ha una minusvalenza latente del 28%, ha una prospettiva di ritorno prospettico più elevata rispetto all’inizio.
Certo per lui sarebbe stato meglio non aver subito la correzione ed entrare oggi, ma non è possibile anticipare il futuro. Messo in questa situazione esso non ha la convenienza a vendere e cristallizzare la sua perdita, bensì ha la convenienza ad accumulare o quantomeno mantenere l’investimento.
Ciò non è solo valido sul singolo periodo, ma è ancor più valido se vi è una nuova correzione al secondo anno e così via, le attese di ritorno prospettiche dell’investimento tendono ad aumentare con la discesa dei multipli e con l’aumentare dell’output gap rispetto al livello di PIL potenziale (i.e. presenza di recessioni economiche).
Un pò di attenzione però!
Attenzione, tuttavia, che tale approccio non vale per tutti gli strumenti, né è facile da attuare.
Da un lato infatti questo approccio è percorribile solo se l’indice è sufficientemente ampio da non aver rischio specifico e da essere rappresentativo di un’economia. Dall’altro le correzioni sia in termini di multipli che di fatturato possono essere durature e protrarsi nel tempo, mettendo fortemente alla prova l’investitore.
Infine, vi è sempre il rischio che l’investitore adotti politiche di ribilanciamento in modo troppo aggressivo e non attenda correzioni sufficientemente profonde.
Tutti questi aspetti, assieme alla finanza comportamentale, fanno la vera differenza in un processo d’investimento.
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