Nel 2022 sia in USA che in Europa i tassi di interesse di politica monetaria sono saliti fortemente. La Federal Reserve americana (FED) in circa un anno ha alzato i tassi da 0,25% a 4,75%, uscendo definitivamente da una politica monetaria mediamente espansiva dopo più di 15 anni. Anche la Banca Centrale Europea (BCE), seppur con un certo ritardo rispetto ai colleghi americani ha alzato i tassi da 0% al 3%. I tassi sono oggi vicini ai massimi pre crisi 2008 e ci si attende che sia ECB che FED continueranno ad alzarli nei prossimi mesi.
Tassi target USA (blu, scala di sx) e tassi target EU (grigio, scala dx), fonte tradingeconomics.com
La scelta di passare ad una politica monetaria restrittiva era inevitabile e necessaria per combattere il peggior shock inflazionistico globale da più di 40 anni. Nel 2022 l’inflazione ha sfiorato il 10% in Usa ed è arrivata al 10,6% in Europa, un tasso decisamente superiore rispetto al target del 2% delle banche centrali, ma anche un tasso che può inficiare negativamente sulla capacità di consumare e investire dei privati e delle imprese.
FED e BCE hanno quindi iniziato ad aumentare il costo del denaro agendo direttamente (tramite aumento dei tassi di riferimento) nella curva a breve ed indirettamente (tramite l’interruzione del quantitative easing) nella curva a lungo.
Gli effetti dell’aumento del costo del denaro
L’aumento del costo del denaro ha come primo effetto quello di ridurre l’attività speculativa nei mercati finanziari riducendo le valutazioni a parità di fondamentali economici; non a caso il 2022 è stato un anno difficile per i mercati finanziari. Il secondo effetto è quello di rendere più costoso e complesso reperire nuova finanza, ciò incide negativamente sull’attività economica tramite vari canali di trasmissione; tali canali sono quei settori dell’economia che variano (rallentano o accelerano) al variare del costo e della capacità di reperire nuovi capitali da investire da parte di privati ed aziende.
All’interno di questo secondo effetto, uno dei canali di trasmissione più importante è il mercato immobiliare.
L’aumento dei tassi di interesse può infatti avere un effetto significativo sui prezzi immobiliari.
Quando i tassi di interesse sono bassi, è più facile per le persone ottenere prestiti per l’acquisto di proprietà. Ciò può portare a un aumento della domanda di proprietà e, di conseguenza, a un aumento dei prezzi delle proprietà.
Al contrario, quando i tassi di interesse aumentano, diventa più costoso ottenere un prestito, la domanda di proprietà cala e di conseguenza anche i prezzi.
Inoltre, un aumento dei tassi di interesse può influenzare anche la domanda di proprietà da parte degli investitori; quando i tassi di interesse sono bassi, gli investitori spesso cercano di investire in proprietà immobiliari per ottenere un ritorno più elevato rispetto ad altre opzioni di investimento. Tuttavia, quando i tassi di interesse aumentano, gli investimenti alternativi come l’immobiliare diventano meno attraenti rispetto all’investimento in strumenti più sicuri come i titoli di stato. Ciò può portare a una riduzione della domanda di proprietà da parte degli investitori, il che a sua volta può influire sui prezzi delle proprietà.
Gli effetti sul mercato immobiliare in USA
La strategia sembra aver avuto un primo effetto in USA, dove negli ultimi mesi le transazioni di case esistenti sono scese a 4 milioni di unità nel mese di Gennaio 2023, un livello visto solo durante il Covid o nella crisi del Subprime.
Vendita di case esistenti in USA (migliaia di unità), fonte tradingeconomics.com
La discesa delle transazioni è il primo segnale di un rallentamento del mercato, che poi dovrebbe tramutarsi in una discesa dei prezzi. A ben vedere secondo l’indice Case-Shiller i prezzi degli immobili in USA stanno rallentando anche se sono ancora più del doppio rispetto al livello post crisi subprime.
Indice dei prezzi delle case in USA (Case-Shiller), fonte tradingeconomics.com
Gli effetti del mercato immobiliare in Europa
In Europa, sono disponibili molti meno dati, o meglio i dati escono con un notevole lag di ritardo rispetto gli USA.
Oggi i dati sui prezzi sono disponibili solo per il terzo trimestre del 2022, periodo in cui l’effetto delle politiche della BCE non era ancora evidente. Infatti, da un lato la BCE aveva iniziato più tardi ad alzare, dall’altro l’effetto delle politiche monetarie sull’economia in generale e sull’immobiliare in particolare agiscono con un lag di ritardo.
L’unico dato disponibile in tempo reale è quello dell’indice di sentiment delle industrie costruttrici, e nel mese di gennaio 2023 i dati continuano ad evidenziare un mercato in contrazione in tutta Europa (indici minori di 50 punti), seppur il tasso di contrazione sembra in miglioramento rispetto ai mesi precedenti. Tali dati evidenziano inoltre una contrazione più elevata in Germania e non tengono ancora pienamente conto dell’effetto degli ultimi sviluppi sui bonus fiscali in Italia.
È inoltre disponibile l’andamento dell’indice dei prezzi delle case per il mese di gennaio 2023 in Germania ed esso evidenzia una continuazione della contrazione dei prezzi iniziata a metà 2022, dopo decenni di crescita instancabile ed un raddoppio dei prezzi da fine 2011.
Indice dei prezzi delle case in Germania (Europace AG), fonte tradingeconomics.com
Questo grafico ci mostra molto bene come i tassi e la politica monetaria influenzano i prezzi delle case; nel 2011 in seguito alla crisi dei PIIGS la BCE di Draghi ha deciso di fare “whatever it takes” per evitare la dissoluzione dell’Unione Europea ed ha perseguito una politica espansiva estrema, con tassi d’interesse a breve negativi e quantitative easing che ha mantenuto vicino allo zero anche i tassi a lunghissimo termine.
L’accesso al debito a zero è stato particolarmente evidente in Germania, dove privati ed investitori hanno ottenuto liquidità a debito e l’hanno riversata nel mercato immobiliare, facendo schizzare al rialzo la domanda e di conseguenza i prezzi.
Oggi il trend si sta invertendo ed i prezzi stanno inevitabilmente calando.
In Italia, purtroppo i dati Istat sono ancora riferiti al 3° trimestre, ma dalle poche statistiche disponibili, sembra che i prezzi stiano continuando a salire anche in questi mesi, nonostante l’aumento dei tassi d’interesse. La forte differenza rispetto a Germania e USA è che fino al 2020 i prezzi delle case in Italia erano in costante discesa ed avevano invertito il trend negativo solo negli ultimi due anni.
Indice dei prezzi delle case in Italia (Istat), fonte tradingeconomics.com
Nel complesso ci troviamo di fronte a un momento molto importante per il mercato immobiliare. Da un lato è indubbio che l’accesso al credito sia più difficile e la domanda di immobili (soprattutto per l’investimento) sia in relativo rallentamento.
La perseveranza e la convinzione delle banche centrali nel combattere l’inflazione sta avendo effetto anche sul mercato immobiliare, uno dei canali più importanti per la trasmissione della politica monetaria all’economia reale. Inoltre l’effetto negativo è molto più accentuato sui paesi che hanno avuto la crescita di prezzi maggiore nel corso degli ultimi dieci anni, mentre i paesi come l’Italia che hanno vista una tardiva ripresa, stanno ancora ben performando.
Tale dinamica è positiva per riuscire a raggiungere una crescita più equilibrata e riportare sotto controllo lo shock inflazionistico del 2022.
Ciò che invece risulta ancora di difficile comprensione è se l’effetto negativo della politica restrittiva delle banche centrali sarà “controllato” e “ordinato” come in questi mesi, oppure sfocerà in instabilità finanziaria e sistemica. Anche escludendo scenari apocalittici stile 2008, è lecito attendersi che con tassi al 5% e recessione economica, le tensioni al ribasso sui prezzi potrebbero essere significative e potrebbero creare perdite su portafogli di prestiti e mutui concessi nell’ultima fase della crescita dei prezzi.
Quanto saranno ampie queste “conseguenze non volute” delle politiche restrittive delle banche centrali non è facile capirlo, ma probabilmente il 2023 sarà l’anno in cui lo scopriremo. L’immobiliare USA, quello dei paesi europei core (nordics, Germania, Olanda), quello UK e quello Australiano sono nicchie di instabilità potenziale da monitorare con estrema cura.
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